11 ottobre 2009

Ask the dust

"Sotto questa pressione non esiste completezza. Come in un perenne cantiere. I bordi della fotografia fuggono. Le prospettive si allargano. [...] non finiscono mai, il cantiere, la città, e continuano a cambiare."

Salivamo di terrazza in terrazza verso la cima del Duomo e Veronica zoppicava. Veronica, che conosco da quando ha lasciato il mio amico e facevamo la spesa per la giornata occupata al supermercato dietro le colonne di San Lorenzo. Si è storta un ginocchio ballando di notte; e non era in discoteca con tacchi, su cubi e cubetti di ghiaccio nella schiena, ma erano le nove e lei teneva un bambino che indossava solo capi firmati. I bambini a Milano crescono in cattività, in case troppo belle per essere reali e con un pavimento lucido su cui non si può pattinare e tavoli in mogano su cui non si può disegnare. E Veronica ballava per far contento quel bambino con tutti capi firmati e in fondo non è importante che sia dovuta salire sul Duomo in ascensore, pagando tre euro in più e facendo vedere la borsa ad un poliziotto campano. Dalla cima del Duomo si vede la casa bellissima del bambino ed anche tutte le altre case bellissime e perfino le case meno belle e le uniche due torri di Milano, una a destra ed una a sinistra. Milano diseguale, disarmonica, cresciuta un po' a caso, come i ciuffi d'erba di una piazzola in periferia. Ed è bassa questa cattedrale bianca ed è minuscola questa città grigia. Quando ero piccola quell'intrico di guglie era immenso e correvo lungo il tetto di marmo tenendomi in punta di piedi, senza fermarmi un secondo e saltavo di lastrone in lastrone pensando che fosse un gioco stupendo. Adesso con dodici anni di più e Veronica che ha male alla gamba aspetto che qualcosa arrivi, o vada, o torni. E da quest'altezza Milano fa paura, Milano ventre di balena. Fa paura, non sapere per cosa queste guglie ci hanno educate e sentire che c'è qualcosa di incompleto in questa gabbia trash per giapponesi e tedesche. La Torre Velasca mentre scorre la sera sembra un vestito di marca che stringe in vita, con tutti i bottoni saltati, con tutte le finestre saltate. Milano cambia incessantemente dopo ogni immersione ed Eraclito dopo l'ennesimo tuffo fa le valige e pensa "fanculo, io di qui me ne vado". Milano vortica, vortica, vortica e non si ferma mai e a noi che siamo su in cima al Duomo sta venendo il mal di mare e quasi abbiamo l'impressione che tutto stia per affondare, portandosi dietro le guglie e i turisti, giù giù nella pancia della balena.