26 giugno 2009

The good, the bad and the ugly

FiuFiuuu WaWaWa
FiuFiuuu WaWaWa

FiuFiiiii WaWaWaWaaa

FiuFiiiii WaWaWaaa

Avevo 17 anni e cercavo di occupare la scuola, quando uno del collettivo, più grande di me di un paio d'anni, per la prima volta mi ha chiesto di prestargli la catena della bicicletta. Per picchiare i fascisti, mi ha detto. Io ritenevo fosse una nobile causa, picchiare i fascisti e gliel'ho prestata senza fare un plissè. Poi ho passato la giornata accucciata sui banchi davanti all'entrata per fare servizio d'ordine: io e il mio metro e sessanta avevamo deciso di diventare i katanga del liceo-ginnasio. Mi sentivo pericolosa e importante. Invece ero solo molto magra, senza possibilità di esprimere la mia preferenza alle elezioni e con un mal gestito amore per l'umanità tutta. Quando raccontai l'episodio a casa mia madre alzò un sopracciglio con una risatina isterica. E basta. Il mio afflato rivoluzionario distrutto da una smorfia. La verità è che non avevo ben chiaro chi fossero questi fascisti e tantomeno dove si trovassero effettivamente. Quel che è certo è che, se c'erano, non entrarono mai in contatto con la catena della mia bicicletta. Nè quella volta, nè le successive. E forse non erano davvero alla nostra portata, i fascisti pericolosi, all'alba del nuovo millennio, nè era davvero pericoloso dormire in un liceo occupato quando l'unica preoccupazione effettiva era fare in modo di finire nel sacco a pelo del giovane rivoltoso carino. Me ne rendevo conto, che, più che ad una barricata del '48, la situazione in cui c'eravamo cacciati somigliava ad un campeggio collettivo al chiuso e senza ragni. Ma ero davvero convinta che l'articoletto sulle occupazioni decembrine pubblicato nelle pagine di Milano dopo lo sciopero dei tranvieri contribuisse a cambiare, non dico il mondo, ma almeno la città. Ero davvero consapevole che quel pathos concitato non si sarebbe mai più presentato con la stessa forza. Non ero ancora uscita dall'adolescenza e già vivevo nel ricordo delle esperienze che stavo facendo.
La settimana scorsa avevo 21 anni quando, guardando qualche sampietrino divelto dietro Piazza Fontana, ho pensato, con un'associazione mentale dura a morire, che passa dal lastricato milanese, all'elogio alla parabola del sampietrino di Andrea Bellini, alla catena della mia bicicletta, "Quanto potevo essere stupida?". E forse era davvero stupida e leggera, la me di qualche anno fa. Ma comincio ad essere sicura che sia stato quel compulsivo attivismo politico minorenne e privo di cognizione di causa a permetterci di diventare, magari non migliori, ma sicuramente più belli. E il Bello, ce l'ha insegnato Platone quando cercavamo fascisti immaginari, è ad un tiro di sampietrino dalla Verità.

5 commenti:

  1. REVOLUTION ROCK!

    Ah, no. Ora sei vecchia e saggia. Alzi il sopracciglio ai minorenni in corsa. Ma sai che ha ragione il tipo indie delle luci della centrale elettrica? E' che i CCCP non ci sono più da un bel po'.

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  2. Lo diceva anche Dostoevskij, "La bellezza salverà il mondo", e diciamocelo, non è il primo stronzo che passa.

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  3. sai quante volte mi sono sentita dare della stupida per le mie attività ed occupazioni in gioventù. ma quella parte della mia vita mi ha portato dove sono ora. e mi sento troppo bella e fiera per rinnegarla.

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  4. -> Vasco Brondi.
    che però suona con uno dei cccp...
    e.

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  5. molto ben detto, brava mati.cesare

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